Fratelli del Cosmo?

lassù-oltre-il-blu-fratelli-del-cosmoABSTRACT – Fra gl’infiniti spazi cosmici della sola nostra Galassia esistono miliardi di stelle, ovvero miliardi di Soli. Grazie alle scoperte avvenute in questi ultimi anni, si sa che milioni di esse hanno un’età almeno doppia rispetto a quella del nostro Sole e diverse possiedono anche un proprio sistema planetario. In virtù di ciò, possiamo ritenere possibile che in molte parti della Via Lattea si siano sviluppate delle civiltà aliene: un’ipotesi affascinante, ma assai difficile da dimostrare. Poiché, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche essa è però abbastanza credibile, almeno nella sua impostazione di fondo, ci offre il destro per affermare che se tali civiltà extraterrestri dovessero veramente esistere, dovrebbero necessariamente essere a noi coeve o essersi semplicemente sviluppate prima di noi.
Se fosse vera la prima ipotesi, esse potrebbero anche aver raggiunto un livello tecnologico inferiore o simile o leggermente superiore al nostro, ma se fosse vera la seconda ipotesi esse potrebbero anche aver raggiunto un livello enormemente superiore al nostro, ovvero, ai nostri occhi, esse potrebbero esseri viste come dei “fratelli del Cosmo” superiori o uguali o inferiori a noi.

PRIMA IPOTESI: POTREMMO ESSERE NOI GLI ULTIMI NATI

Poiché il nostro Sistema Solare si è formato in questi ultimi cinque miliardi di anni, mentre la Via Lattea è venuta a formarsi circa dieci miliardi di anni fa e la formazione dell’Universo è partita verosimilmente quindici miliardi di anni or sono, possiamo ritenere la nostra civiltà la più giovane che esista nel Cosmo.

Quindi, se si fossero formate altre civiltà aliene potrebbero solo essere o coeve o più vecchie della nostra. E se fosse vera questa seconda ipotesi, ci sarebbero molte possibilità che il loro livello tecnologico fosse enormemente superiore al nostro, vista la velocità con la quale, una volta raggiunta una conoscenza scientifica, si approda ad un livello superiore.
A giustificazione di tale affermazione, basti riflettere sul fatto che in questo ultimo secolo la nostra società terrestre è passata da un’economia prettamente agricola e manuale ad una economia totalmente industrializzata e robotizzata mentre, mentre nel solo ultimo decennio l’introduzione di massa di Internet e delle fibre ottiche ha reso altamente tecnologica l’intera struttura della società, veicolando l’informazione su scala mondiale in tempo assolutamente reale.

LA SCINTILLA CHE CREA

Da tempo sappiamo che la meccanica quantistica è riuscita a dimostrare che “il vuoto”, così come lo intendiamo nella fisica quotidiana, non esiste, ma c’è una energia in continua fluttuazione, capace di generare particelle elementari di materia che, se venisse sottoposta all’azione di una qualche intensissima fonte di energia potrebbe, nel vuoto e date certe condizioni, far scaturire la scintilla in grado di “creare” materia.

L’astronomo statunitense Edward Harrison ha ritenuto possibile che la vita intelligente sul nostro pianeta possa essere stata dovuta all’opera abbastanza consapevole di “esseri intelligenti” provenienti da un altro pianeta.
Un’ipotesi affascinante che, se collegata a quanto accadde in Antartide nel 1984, lascia credere possibile che la vita sia arrivata sulla Terra provenendo da un lontano altrove. Qui, infatti, venne rinvenuto un meteorite proveniente da Marte, che trasportava al suo interno dei microrganismi fossili lunghi da 20 a 100 milionesimi di millimetro, nati e cresciuti lassù fra le stelle, in un ambiente non certo accogliente così come lo intendiamo sulla Terra. A tal proposito, è utile sapere che alcuni scienziati dell’università australiana del Queensland hanno dimostrato che in appena 20 milionesimi di millimetro è contenuto tutto quanto serve alla Natura per far nascere la vita: DNA, ribosomi, lipidi, enzimi e tutto il resto.

CAMBIA IL PENSIERO SCIENTIFICO

Era il 6 ottobre 1995 quando accadde qualcosa di fondamentale per la storia del pensiero scientifico e filosofico. Quel giorno, nel corso di un convegno svoltosi a Firenze, gli astronomi svizzeri Michel Mayor e Didier Queloz, in servizio presso l’osservatorio di Ginevra, annunciarono che lassù, attorno alla stella 51 Pegasi, ad una distanza di soli cinquanta anni luce dalla Terra, stava orbitando un pianeta con una massa superiore di centocinquanta volte quella terrestre. La stupenda scoperta poté essere compiuta grazie al metodo di indagine delle lievi perturbazioni che accompagnano i moti orbitali dei pianeti attorno ad una stella.

Oggi, grazie a quella scoperta e alla conseguente nuova metodologia di osservazione, si annoverano oltre duemila pianeti extrasolari. Inoltre, sappiamo che essi si formano in maniera assolutamente naturale, pressoché concomitante alla formazione della stella.
Ovviamente, data la relativa vicinanza e l’illuminazione diretta che ne ricevono dal nostro Sole, ad occhio nudo riusciamo a vedere i pianeti del nostro Sistema Solare. Però, se ci mettessimo ad osservare il cielo stellato oltre il nostro Sistema Solare, anche utilizzando un potente telescopio amatoriale, non riusciremmo a vedere quei pianeti orbitanti attorno alle stelle ferme sulla volta celeste (che sarebbe poi meglio chiamare “Soli”).
A questo punto, potendo, si potrebbe tentare l’esperimento opposto, così da cercare di verificare questa ipotesi. Spostandoci sul più vicino Sistema Solare (Alpha Centauri), posto a circa 4,3 anni luce, e guardando verso il nostro Sistema Solare, che cosa si vedrebbe? Vedremmo semplicemente un puntino luminoso, cioè il nostro Sole, il quale soverchierebbe con la sua luminosità quella riflessa da tutti i suoi pianeti.

CONDIZIONI MINIME PER LO SVILUPPO DELLA VITA

Diversi scienziati (Exell, Miller, Urey), in seguito a precise sperimentazioni, si sono convinti che la vita possa svilupparsi ovunque nell’Universo, in maniera del tutto naturale, a patto che quel pianeta soddisfi tre punti:
1- avere le giuste condizioni (densità ben precisa dell’atmosfera, una certa inclinazione dell’asse terrestre ed una distanza della stella contenuta entro certi limiti);
2- aver concluso la propria evoluzione geologica (durata di tempo sufficiente ovvero un’età minima di tre miliardi di anni);
3- avere disponibili al 100% tutte quelle sostanze chimiche elementari normalmente presenti nell’Universo.

Ma è veramente sostenibile l’idea che lassù, fra le più remote regioni cosmiche, possa esistere una qualche forma di vita intelligente? Se lo chiesero, nell’estate del 1970, un gruppo di scienziati riunitisi presso la NASA (National Aeronautics and Space Administration). Essi andarono anche oltre, chiedendosi anche in quali zone del Cosmo avessero dovuto condurre le loro ricerche e come si sarebbe poi potuto risolvere il problema della comunicazione fra civiltà.

Al termine del loro simposio, essi se ne vennero fuori con le seguenti ipotesi:
1 – lassù, fra le stelle, potrebbero esistere milioni di civiltà molto più avanzate della nostra;
2 – alcune civiltà aliene potrebbe essere, già da molto tempo, alla ricerca di un modo per comunicare con noi;
3 – la vita ha inizio non appena le condizioni divengono favorevoli e quindi si passa automaticamente dall’inerte al vivente, ovvero dalla materia alla vita.

Ma se fosse vera questa ipotesi, cioè che la vita emerge non appena vengono a crearsi le condizioni idonee minime (Teoria dell’origine chimica) viene a prendere piede il ragionamento che la cosa più normale che possa esistere nell’Universo è la vita.

VITA SULLA TERRA

Come abbiamo già visto, mentre il nostro Universo ha un’età che si aggira all’incirca sui 15 miliardi di anni, la nostra Galassia si è formata circa 10 miliardi di anni fa, mentre il nostro Sistema Solare è venuto a formarsi all’incirca 5 miliardi di anni addietro.
Dalle indagini geologiche sappiamo che durante i primi 500-600 milioni di anni quaggiù è stato un inferno allo stato puro. Poi, all’improvviso, nelle profondità oceaniche apparvero le prime forme viventi. Sappiamo pure che la Terra fu letteralmente bombardata da sciami meteorici che, forse, contribuirono a creare il completamento di quelle condizioni minime necessarie suddette. Tuttavia, prima che quelle elementari forme di vita si trasformassero in qualcosa di pluricellulare un po’ più complesso, in grado di trasferirsi sulla terraferma, dovettero trascorrere la bellezza di circa 3,5 miliardi di anni.

Riguardo alla morfologia terrestre, si sa che 250 milioni di anni or sono gli attuali continenti erano riuniti nell’immensa distesa detta Pangea, la quale era circondata interamente dalla massa acquatica detta Panthalassa. Nel giro di 50 milioni di anni la Pangea si divise nella Laurasia e nella Gondwana e subito fecero la loro comparsa i dinosauri, che dominarono il pianeta per oltre 160 milioni di anni.

Infine, sappiamo che circa 150 milioni di anni fa apparvero sulla Terra i mammiferi, ma per trovare la prima traccia di ominidi dobbiamo considerare solo gli ultimi 5 milioni di anni. Se sapessimo veramente com’è nata la vita nelle profondità marine e come da organismi unicellulari si sia sviluppato l’essere umano, faremmo volentieri nostre le parole di Carl Sagan:«Ecco di che cosa sono capaci gli atomi di idrogeno, purché abbiano a disposizione 15 miliardi di anni di evoluzione cosmica».

TRA DUBBI E SPERANZE

Giunti a questo punto della riflessione, tenuto conto del nostro livello scientifico e tecnologico, possiamo anche ipotizzare che possano esistere milioni di forme viventi su altri pianeti, ma non siamo poi in grado di individuare i limiti entro i quali esse potrebbero essersi sviluppate: dai microrganismi unicellulari a quelli pluricellulari, dalla vita vegetale a quella animale per arrivare fino alle forme di vita intelligente.
E anche nel caso che si fosse sviluppato l’ultimo livello, quello della vita intelligente, diventerebbe arduo anche il pensare a quale livello tecnologico potessero poi trovarsi. E arduo sarebbe pure sostenere l’incontro di due civiltà (che in questo caso dovrebbero essere circa coeve) poiché avendo l’unico esempio della nostra civiltà non sappiamo quanto tempo possa durare una qualsiasi civiltà una volta raggiunto il livello tecnologico più alto.

In mezzo a tanti dubbi rimane comunque una grande speranza, indirettamente lanciata nelle sue linee generali dal famoso “Gruppo NASA 1970” suddetto. Essi terminarono i loro lavori con la certezza che poiché il ritmo di crescita di una galassia è di circa dieci Soli all’anno è verosimile credere che nel Cosmo esistano milioni di civiltà extraterrestri. Infatti, se è vero che i pianeti sono pressoché coevi dei loro Soli, abbiamo la bellezza di ben 10 Sistemi Solari “Cash and Carry” completi ogni anno, per ognuna dei miliardi di Galassie che compongono questo infinito Universo. Si tratta, dunque, di una notizia meravigliosa che ci trasmette la speranza di avere una moltitudine di fratelli cosmici superiori.